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Crisi demografica, tocca all’innovazione “salvare” il PIL

11 dicembre 2024

7 minuti di lettura

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L’ultimo focus Bankitalia sull’economia veneta: carenza di personale un problema esponenziale per gli anni a venire. Ma chi punta sulla tecnologia continua a correre.

Un decennio di decrescita

Che le imprese venete siano a corto di personale è un dato di fatto. Ma si tratta di un problema che nel medio e lungo periodo è fortemente destinato ad aggravarsi, con ripercussioni importanti sul livello del PIL di una delle regioni locomotive d’Italia.

A dircelo è l’ultimo focus Economie Regionali di Banca d’Italia, il report annuale che l’istituto realizza regione per regione indicando e misurando tutti i fattori che influenzano i trend di sviluppo nei singoli territori.

Quello del Veneto, naturalmente, non è un caso isolato. Fenomeni simili sono ampiamente diffusi, seppur a differenti velocità, in tutta l’area dell’Unione Europea. Il problema è che la nostra regione (idem come nel resto d’Italia) è decisamente più indietro dal punto di vista del grado d’innovazione delle imprese. E questo è un freno all’opportunità di recuperare terreno.

Con l’inizio del nuovo millennio, l’andamento demografico ha conosciuto una fase di crescita della popolazione (2002-2013) per poi iniziare a diminuire dall’anno successivo. Questo rappresenta il primo calo demografico nella regione dai tempi delle massicce migrazioni degli anni ’50.

La contrazione della natalità si è unita poi all’aumento della longevità, portando a un cambiamento drastico nella struttura per età della popolazione. Il risultato? Oggi la popolazione in età lavorativa (tra i 15 e i 64 anni) è passata dal 68,2 al 63,6%.

E le previsioni per il futuro, come anticipato, non sono rosee: tra il 2023 e il 2042 (a meno di miracolose inversioni di tendenza) l’ISTAT stima una diminuzione della popolazione di circa 72 mila unità. In buona parte forza lavoro che verrà progressivamente a mancare alle nostre aziende.

Il PIL tiene dove c’è innovazione

L’effetto dell’andamento demografico sul PIL di un territorio viene definito da un indicatore che si chiama “dividendo demografico”, ossia la differenza tra quanto cresce (o decresce) nel tempo la popolazione in età lavorativa rispetto alla popolazione complessiva.

Se il sottoinsieme della fascia in età lavorativa cala rispetto all’insieme della popolazione complessiva, il dividendo è negativo. E proprio questa è la situazione di tutte le regioni italiane economicamente trainanti, come si vede dalla tabella sottostante (colonne in rosso).

tabella PIL axera
Fonte: Focus Economie Regionali Banca d’Italia

Una situazione comune praticamente a tutti i grandi distretti europei. Ma se osserviamo il PIL pro capite (quadratino nero) e la produttività (colonna azzurra), il quadro cambia.

Al di fuori dell’Italia, infatti, tutte le grandi aree produttive hanno avuto nell’ultimo ventennio performance nettamente migliori sotto entrambi i profili, con tassi di occupazione equiparabili a quelli italiani e alcuni addirittura ben peggiori, come in Svezia.

Un caso? Non proprio. Le regioni che mostrano un alto livello di produttività e un PIL pro capite crescente, nonostante un dividendo demografico negativo, sono infatti quelle associate a un alto tasso di innovazione tecnologica e investimenti in tecnologie avanzate, come quelle 4.0

Nei maggiori distretti europei le aziende investono in innovazione digitale somme che insieme impattano dal 2 al 4% del PIL, mentre a livello italiano (dove il PIL è ancora più indietro) non ci si allontana molto dall’1%.

E poi c’è l’effetto “contagio”: operare in un tessuto già fortemente dotato di infrastrutture avanzate, politiche di supporto all’innovazione, e un’alta concentrazione di attività di ricerca e sviluppo, incoraggia anche i più restii a non perdere il treno. E, come detto, contribuisce a compensare gli effetti negativi del dividendo demografico.

Gli scenari futuri

L’innovazione migliora i processi, rende più efficienti le aziende e riduce il fabbisogno di risorse umane in un momento storico in cui non se ne trovano. Ma che strumenti hanno le aziende italiane per provare a seguire il solco delle “vicine” europee?

L’Internet of Things industriale offre un approccio integrato per affrontare le sfide ambientali ed economiche contemporaneamente. Ma soprattutto cambia completamente il nostro modo di pensare alla produzione, in termini di aumento delle performance, riduzione degli sprechi e quindi di riduzione dei costi in senso molto più generale.

Investire in queste soluzioni non solo porta a risparmi energetici tangibili, ma anche a una posizione di leadership nell’economia sostenibile del futuro.

Monitoraggio e controllo: il cuore dell'IoT per il risparmio energetico

Attraverso le migliori soluzioni di IoT industriale, i macchinari connessi sono in grado di comunicare tra loro, permettendo all’azienda di tracciare e raccogliere moltissime quantità di dati e informazioni utili per organizzare al meglio il flusso dei processi produttivi.

Una delle misure più apprezzate resta la nuova Sabatini, che permette di ottenere finanziamenti a condizioni agevolate per investire in innovazione. Il problema è che le risorse sono sempre limitate, e fino a oggi oggetto di rifinanziamenti imprevedibili.

La nuova frontiera può essere il Piano Transizione 5.0, di cui abbiamo parlato in questo articolo. Uno strumento che, finiti gli incentivi “extra large” del piano industria 4.0, permette di tornare ottenere indietro (sotto forma di crediti d’imposta) fino al 45% di quanto si spende in innovazione, se in parallelo si raggiunge un importante taglio dei consumi energetici.

Quali sono i due filoni dove sarà prioritariamente necessario impegnarsi di più?

Sicuramente favorire l’accesso al credito delle imprese, che prosegue nella sua spirale negativa: a marzo 2024, su base regionale, i prestiti sono scesi del 7,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (-10,3% nel caso delle piccole imprese). E questo considerato che, sempre dati alla mano, l’impresa che non investe si ferma, mentre quella che investe cresce: il numero di attività presenti sul territorio infatti è in calo, ma l’occupazione tiene, segno che chi è riuscito a strutturarsi, allargandosi a nuovi mercati, ha modo di ampliare il proprio organico.

In parallelo, poi, c’è soprattutto bisogno di fare tanta, tanta attività di sensibilizzazione e accompagnamento. Oggi si vede ancora l’innovazione come il fine, e invece dev’essere il mezzo per ripensare completamente ai propri processi. I servizi e gli strumenti sono tantissimi, dal networking per la condivisione delle risorse all’applicazione di sistemi IoT per la produzione connessa, tanto per fare gli esempi che a noi sono più familiari.

L’importante, da questo punto di vista, è trovare un partner affidabile con cui correre incontro al futuro alla velocità della luce. E noi siamo pronti a fare la nostra parte, con voi.

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