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Il business dell’industria cambia con la servitizzazione
5 gennaio 2023
7 minuti di lettura
Grazie all’Internet delle Cose le aziende affrontano la crisi spostando il focus dai prodotti ai servizi “on demand”.
Trasformare il modello di vendita spostando il focus dal prodotto al servizio: in una parola, servitizzazione. È questa la traduzione italiana dell’inglese servitization, ossia il nuovo modello di business con cui sempre più imprese stanno familiarizzando per affrontare in modo smart la crisi dei rincari e dei materiali che ci portiamo dietro ormai da mesi.
Il principio è tanto semplice quanto rivoluzionario. In un momento in cui si fatica a vendere beni o servizi durevoli, molto meglio pensare di metterli a disposizione on demand, facendoli pagare per l’utilizzo, la manutenzione e l’aggiornamento nel tempo.
Attraverso la servitizzazione l’azienda – anche la più tradizionale – attiva di fatto una sorta di servizio di abbonamento, che alleggerisce il cliente del peso dell’acquisto (soprattutto se si tratta di macchinari o prodotti ingombranti e difficili da gestire). Ma soprattutto aumenta la fidelizzazione e favorisce l’attività di cross-selling (vendita incrociata di altre linee di servizio) o up-selling (vendita della linea di maggior valore).
Alla base di tutto, un cuore tecnologico super sofisticato e con costi decisamente alla portata per una distribuzione su larga scala, che sfrutta la potenza di elaborazione dell’Industrial Internet of Things. Cioè l’internet delle… “cose industriali”, che connette tra loro i dispositivi offerti attraverso il servizio e li fa dialogare con sistemi di gestione e controllo per tenerli monitorati in ogni momento.
Servitizzazione e usership economy
Ancora presto per tracciare un bilancio sui risultati conseguiti dalle imprese – sempre di più – che hanno aperto la strada alla servitizzazione. Il fenomeno è in divenire, ma già è indicativo il fatto che il trend sia in aumento costante.
C’è però un fenomeno ampiamente consolidato che sembra proprio indicare come la strada intrapresa anche a livello industriale sia quella giusta rispetto agli scenari che ci attendono in futuro. Ed è quello della cosiddetta usership economy, ossia la nostra crescente abitudine, come consumatori, a pagare le cose per il loro utilizzo anche nel nostro privato. E gli esempi sono tantissimi: dai servizi streaming alle licenze software, dagli abbonamenti telefonici ai mezzi di trasporto in sharing.
In buona sostanza le nuove generazioni si stanno orientando verso un concetto completamente diverso di “proprietà” e “possesso”. Rendendosi conto che in molti casi il “noleggio evoluto” è la formula migliore per massimizzare i vantaggi dell’investimento minimizzando le difficoltà derivanti da un acquisto che nel tempo è soggetto a obsolescenza e svalutazione. E questo vale ancora di più in ambito produttivo nel momento in cui, ad esempio, si ha bisogno di macchinari, hardware, o beni durevoli in generale, che presto o tardi potrebbero avere bisogno di manutenzione, aggiornamento o sostituzione.
I vantaggi per chi passa alla servitizzazione
È dunque chiaro che convertire il proprio modello di business secondo le prospettive della servitizzazione vuol dire concentrarsi su relazioni commerciali durature, più che sui soli prodotti realizzati. Ed è chiaro anche che le richieste del mercato si stanno sempre più orientando in questa direzione, basti pensare per esempio a tutte le attività post vendita proposte dai concessionari auto.
Ma la servitizzazione, se come detto sostenuta da un efficace sistema di raccolta ed elaborazione dati secondo le regole dell’IoT industriale, permette anche e soprattutto di rendere molto più efficienti i propri processi di assistenza in presenza o da remoto.
Tutto questo secondo le dinamiche della cosiddetta manutenzione reattiva o predittiva. Che cosa significa? Che grazie ai macchinari connessi è possibile intervenire tempestivamente appena si verifica un guasto, o addirittura prevenirlo se una delle componenti raggiunge il proprio limite funzionale.
I vantaggi per chi acquista
Sia che voi operiate in un settore B2B che in un mercato rivolto direttamente ai consumatori finali, scegliere un approccio più orientato al servizio riconosce immediatamente importanti vantaggi anche agli acquirenti.
Il primo, e più importante, è una diretta conseguenza del punto con cui abbiamo concluso il capitolo precedente: un’assistenza più efficiente vuol dire avere una maggiore garanzia di continuità del servizio e dunque non ci si ferma praticamente più per colpa di guasti o usure.
E poi ci sono due importanti plus, collegati perlopiù agli aspetti di bilancio: acquistare servizi “a piccole dosi” permette di mantenere il capitale libero da immobilizzazioni legate a investimenti “strong”, dando maggiore flessibilità finanziaria all’azienda. E non da ultimo, in caso di mutate esigenze di business, permette di riadattare al meglio le proprie necessità con un piano scalabile realmente su misura.
Più servizi per tutti
A prescindere da come la si chiami, quella di un approccio più orientato ai servizi è una prospettiva con cui moltissime realtà di tutti i settori e dimensioni hanno cominciato a misurarsi. E quindi chi ancora non l’ha fatto ha già ottimi motivi per cominciare a lavorarci, come si è visto.
Resta il fatto che per avere successo ci sono due ingredienti imprescindibili:
- Una strategia, prima di tutto, per mettere a sistema l’intero ciclo relazionale con il proprio cliente, in modo da non farlo mai sentire solo. Chi acquista un servizio, si aspetta questo.
- Un’adeguata infrastruttura tecnologica. Senza di essa, il punto precedente è praticamente impossibile da gestire sul lungo periodo. Ma, con il progetto giusto, gran parte dei processi diventa normale routine.
Come approcciarsi quindi a questo cambio di paradigma? Il primo passo è avere voglia di cambiare, per raggiungere nuovi obiettivi chiari e perseguibili. Il resto si costruisce un passo alla volta, sapendo che innovare bene, con i consigli giusti, è sempre sostenibile. E fa arrivare lontano.
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