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Non solo industria: la transizione 4.0 fa bene a tutti

21 luglio 2023

7 minuti di lettura

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Molti gli obiettivi raggiunti in anticipo, con effetti diffusi tra imprese di settori e dimensioni diversi. Ora si pensa già all’evoluzione 5.0, ma è caccia alle competenze.

axera transizione 4.0

Fino qui tutto bene; anzi, meglio del previsto. È tempo di un primo parziale bilancio per il Piano Transizione 4.0, al giro di boa del periodo di finanziamento coperto anche con gli aiuti del PNRR. Gli ultimi dati diffusi negli scorsi giorni sono quelli fino al 2021, ma la fotografia che ne emerge è decisamente incoraggiante, dato che sono tantissimi gli obiettivi ampiamente raggiunti anche prima delle scadenze prefissate.

Senza contare che, al contrario di come si temeva, le ricadute positive le ha avute sì la grande industria, ma con un ruolo da protagoniste anche per le tantissime realtà imprenditoriali di territorio, in particolare legate al commercio e ai servizi. Che hanno speso meno in termini di valore assoluto, registrando però un differenziale di avanzamento tecnologico decisamente più spinto, considerato il livello di partenza.

Transizione 4.0, target imprese raggiunto già a metà percorso

Facciamo un piccolo passo indietro. Il Piano Transizione 4.0 riconosce incentivi sotto forma di credito d’imposta, quindi rimborsa di fatto una parte delle tasse alle aziende che investono in:

● Beni strumentali

● Ricerca e sviluppo, innovazione e design

● Formazione 4.0

I valori precisi degli incentivi, che cambiano anche in base alle dimensioni delle imprese, sono spiegati nel dettaglio sul sito del Ministero delle Imprese. Per ciascuna di queste voci, le aliquote sono scese in modo graduale rispetto all’ultimo biennio, arrivando all’attuale conformazione che durerà fino al 2025 (salvo rimodulazioni).

Tra i target prefissati, il primo ha riguardato le imprese da raggiungere, con questa misura: entro il 2025 si puntava a coinvolgere un minimo di 111.700 imprese, soglia infranta però già nel corso del 2021, che si è chiuso con 120.698 aziende destinatarie del credito d’imposta 4.0.

I diversi investimenti tra alti e bassi

Entrando più nel dettaglio, si nota però che le diverse tipologie di investimento hanno avuto una presa differente.

Beni strumentali e formazione al top

Apprezzatissimo il credito d’imposta per beni strumentali, che ha di fatto triplicato il numero di richiedenti attesi. Bene anche quello per i beni immateriali tradizionali, non lontani dai valori preventivati, ma comunque oltre la soglia. Un vero e proprio boom invece quello registrato dal credito d’imposta formazione 4.0, che a fronte di un target minimo di 2000 imprese ne ha raggiunte oltre 15.000.

In ritardo beni immateriali e ricerca

Decisamente più in ritardo invece le altre misure proposte. Come i beni immateriali 4.0, ancora a un quarto dell’obiettivo da raggiungere, e il credito per ricerca, innovazione e design, al momento fermo a metà strada.

I settori e i territori a più alta vocazione 4.0

Quasi superfluo evidenziare chi la fa da padrone, dal punto di vista dei settori che hanno investito di più. È infatti la manifattura il comparto a maggiore trazione in ottica 4.0, coprendo oltre il 50% degli investimenti in beni immateriali 4.0 (come software, system integration, etc.) e addirittura il 59% di quelli in ricerca e sviluppo.

Subito a ruota in classifica, due settori inaspettati, ovvero commercio e agricoltura, con il primo molto attivo un po’ su tutte le voci d’incentivo, mentre la seconda più concentrata sull’acquisto di beni immateriali e materiali 4.0.

A livello di ricerca e sviluppo, buono anche il peso di chi fa informazione e comunicazione, ambiti strettamente legati ad un approccio sempre più di livello digitale evoluto.

Quanto alla distribuzione geografica, poche sorprese: vince il nord Italia, con circa il 70% del peso in termini di numero di imprese coinvolte un po’ in tutti gli strumenti oggetto d’incentivo. Ad eccezione della formazione 4.0, su cui le imprese del sud sono più attive (46%, contro il 32% delle imprese del nord e il 22% del centro).

Verso il modello 5.0: sfide e nuovi scenari

Il ciclo del Piano Transizione 4.0 si completerà, come detto, entro il 2025. Ma naturalmente sono già in corso i lavori per pensare – oltre a eventuali adeguamenti in corsa – anche agli step successivi.

E il punto di partenza sono proprio le indicazioni collezionate fino a oggi, che abbiamo cercato di riassumere: l’Italia delle imprese ha raccolto la sfida per un cambio di passo dal punto di vista tecnologico e digitale, perché sta cominciando a intuirne le opportunità. 

Ma al momento investe soltanto dove ci vede il ritorno più immediato, frenando di fronte alla possibilità di guardare a prospettive più strategiche.

Come superare queste resistenze? Rendendosi conto, prima di tutto, che incentivi e parametri economici sono determinanti eccome, ma c’è bisogno di una visione più ampia per rendere la propria evoluzione più concreta e duratura.

Di fronte a una società che si affaccia al nuovo paradigma 5.0, tutto concorre al cambiamento nel nome del benessere della persona. Un cambiamento che deve essere digitale ma anche “green”, seguendo le logiche delle cosiddette twin transitions, ossia transizioni gemelle.

Guardando quindi al piano 5.0, che sarà fondato secondo le intenzioni del Governo su revisioni strutturali della versione attuale, gli incentivi dovranno essere sempre più considerati non il fine bensì il mezzo per arrivare a un vero sviluppo condiviso. Uno sviluppo capace di andare ben oltre il semplice acquisto di tecnologie o macchinari.

Con un focus su tutti: puntare molto sull’evoluzione di competenze sempre più specifiche da portare all’interno delle imprese, per renderle davvero protagoniste del processo in atto senza lasciare indietro nessuno (e a proposito: avete già sentito parlare della nostra nuova Academy digitale?)

Insomma, per una tecnologia a misura di persona, servono sempre più persone a misura di tecnologia.

Vuoi provare ad immaginarlo con noi?

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