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Venywhere, Venezia si ripopola con la tecnologia

28 luglio 2022

6 minuti di lettura

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Al via un progetto pilota di Ca’ Foscari e Fondazione di Venezia per offrire ai remote worker di tutto il mondo strumenti per lavorare (e trasferirsi) in laguna.

immagine in evidenza articolo Venywhere

La tecnologia come arma in più contro lo spopolamento di Venezia. Nasce Venywhere, il nuovo progetto che mette al centro della città lagunare – anche in senso letterale – un cuore di risorse digital per attrarre i cosiddetti remote workers. Cioè i nuovi professionisti freelance cui bastano un computer e lo smartphone per lavorare ovunque. Magari scegliendo di trasferirsi proprio nella città più bella del mondo.

L’idea è partita durante le fasi più acute della grande pandemia, che di fatto ha azzerato le presenze tra ponti, calli e campielli. Di fronte a un fenomeno certamente di portata straordinaria, l’Università Ca’ Foscari e la Fondazione di Venezia hanno messo in piedi una collaborazione per incentivare in città un flusso di presenze alternativo a quello del turismo di massa. Un progetto da testare nel contesto immediato, e perché no da coltivare anche in prospettiva futura.

Venezia? Bella, e ci lavorerei

Ne è nata una piattaforma digitale che è il nucleo dell’intero progetto. Dentro, gli worker interessati possono trovare tutte le info sugli spazi di co-working tra cui scegliere, nonché sulle loro caratteristiche tecniche (velocità delle connessioni in fibra, strumenti digitali a disposizione, eccetera). Ma non solo.

Venywhere è anche e soprattutto l’opportunità di diventare davvero “veneziani”, sfruttando la rete per entrare in una intera comunità di servizi con cui far conciliare lavoro e vita personale. Nello scenario unico di un contesto davvero a misura di tempo libero, tra scorci mozzafiato e luoghi unici da raggiungere a piedi… o sull’acqua. 

Dallo sport all’arte, dall’artigianato ai prodotti enogastronomici, attraverso Venywhere è la città a entrare in queste nuove forme di lavoro, permettendo alle attività tradizionali del centro veneziano di godere di nuovo indotto alternativo al turismo.

A chi si rivolge Venywhere

I destinatari di questo progetto siamo potenzialmente tutti. Sfruttando infatti il principio del work from everywhere, riscoperto proprio per mezzo della pandemia, i principali target di Venywhere naturalmente sono freelance e nomadi digitali. Ma indirettamente la proposta tocca anche gli stessi veneziani “nativi”, che possono usufruire finalmente di nuovi servizi a supporto del lavoro remoto. Fino ad arrivare ad aziende di tutte le dimensioni, che potrebbero perfino pensare di trasferire interi team di lavoro.

Cisco, i pionieri di un nuovo laboratorio del lavoro

Corriamo troppo con la fantasia? Mica tanto. I nostri brand partner di Cisco infatti ci sono andati giù pesante, avviando a partire dallo scorso marzo una prima sperimentazione con 16 dipendenti  provenienti da Italia, Spagna, Francia e Grecia che si sono aggiunti a una community capace di arrivare a quasi 2000 iscritti in pochissime settimane dal lancio.

L’obiettivo del colosso californiano è però sul lungo termine. Per Cisco l’iniziativa infatti rappresenta un progetto di ricerca e sperimentazione sul futuro del lavoro. Venywhere è considerato una sorta di “living lab” cioé un laboratorio in cui sperimentare nuovi approcci al lavoro, che potrebbe presto essere replicato e potenziato coinvolgendo centri di ricerca e università in tutto il mondo.

Città più “umane” grazie alla tecnologia

L’esempio veneziano trae ispirazione da un progetto analogo nato nella città americana di Tulsa, in Oklahoma, che nel 2018 ha proposto ai remote worker disposti a trasferirsi lì per almeno un anno un cospicuo assegno di 10mila dollari.

L’obiettivo? Quello di ripopolare la cittadina attirando professionisti intenzionati ad abbandonare le “spersonalizzanti” e costose metropoli come New York o San Francisco. Un modo insomma per rilanciare il piccolo è bello a livello urbano, dimostrando che perfino la più spinta tecnologia può convivere bene con luoghi dove la qualità della vita è certamente più a misura delle necessità della sfera privata.

Ma soprattutto un messaggio diretto a chi pensa ancora che la tecnologia serva solo a renderci meno umani. Al contrario, siamo ancora una volta noi che abbiamo tra le mani la possibilità di adattarla a nostra immagine. E ai nostri valori.

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